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L’intangibilità del divieto di bis in idem è venuta meno dopo le recenti sentenze della corte costituzionale e della corte di giustizia u.e.

L’intangibilità del divieto di bis in idem è venuta meno dopo le recenti sentenze della corte costituzionale e della corte di giustizia u.e.

L’intangibilità del divieto di bis in idem è venuta meno dopo le recenti sentenze della corte costituzionale e della corte di giustizia u.e.

Il cumulo di procedure e di sanzioni penali e tributarie non viola il divieto di bis in idem – sentenza della Corte Costituzionale n. 43 del 02/03/2018 – sentenza della Corte di Giustizia U.E. del 20/03/2018 nella causa c-524/15, luca menci

Autore: avv. Paolo Casati

Articolo del 05/04/2018

Il tema trattato riguarda l’annosa questione del ne bis in idem dei giudizi penale e tributario basati sui medesimi fatti, ossia quando il fatto oggetto dell’accertamento tributario e il fatto oggetto dell’accusa penale coincidono – così avviene nella quasi integralità dei casi in cui si parla di accertamenti tributari c.d. sopra soglia -.

I presupposti del contrasto sono: la natura penale delle sanzioni tributarie sancita dalla giurisprudenza della CEDU, e il divieto di duplicazione dei processi e delle sanzioni su un medesimo fatto (ne bis in idem), ai sensi dell’art. 649 c.p.p.

La Corte di Giustizia U.E. aveva dato un primo orientamento nel 2013, sul quale venivano sollevati diversi dubbi riguardo il principio di tipicità della fattispecie penale, secondo cui il giudice sarebbe chiamato a decidere quando le sanzioni applicate sono da ritenere effettive, proporzionate e dissuasive; da tale discernimento discenderebbe la lesione del divieto del bis in idem. Secondo questa giurisprudenza la statuizione sull’ammissibilità di un nuovo giudizio scaturirebbe da un’indagine del giudice nel caso concreto. 

La recente sentenza della Corte Costituzionale n. 43 del 02/03/2018 ha definito i principi in materia, stabilendo che: 

  1. Il ne bis in idem non opera quando vi è stretta connessione materiale e temporale tra i procedimenti. 
  2. La connessione temporale si sostanzia in un esame della tempistica tra i diversi procedimenti e prescinde dalla circostanza che siano contemporanei o consecutivi; mentre la connessione materiale si sostanzia nell’esame delle “finalità complementari connesse ad aspetti differenti della condotta, dalla prevedibilità della duplicazione dei procedimenti, dal grado di coordinamento probatorio tra di essi (…) dalla circostanza che nel commisurare la seconda sanzione si possa tenere conto della prima, al fine di un eccessivo fardello per lo stesso fatto illecito.” e pone particolare attenzione all’indagine sulla proporzionalità della risposta sanzionatoria complessiva.   
  3. L’indagine sul rapporto tra procedimenti diversi, basato sul criterio temporale e materiale, è lasciato alla discrezionalità e al libero apprezzamento del giudice, secondo un approccio casistico.  

Pertanto, la sentenza della Corte Costituzionale riserva al giudice la decisione sull’operatività del ne bis in idem, da valutare caso per caso attraverso: 

  • un’indagine basata sul tempo intercorso tra i processi e sulla loro durata, rendendo meno rigorosa l’operatività del ne bis in idem - fino ad escluderla - tanto più il tempo trascorso tra i procedimenti sia ravvicinato; 
  • un’indagine sul rapporto materiale basato sulle circostanze menzionate al punto 2) e in particolare sull’aspetto sanzionatorio complessivo.  

Il nuovo sistema elaborato dalla Consulta si configura perciò come un sistema fondato su procedimenti coordinati “preordinati a un’unica, prevedibile e non sproporzionata risposta punitiva, avuto specialmente riguardo all’entità della pena (…) complessivamente irrogata.”.

I risvolti pratici per il contribuente che volesse denunciare la lesione del ne bis in idem passano per la specifica individuazione degli specifici motivi, basati sui predetti criteri, e dalla fondatezza che il giudice intendesse dare di volta in volta a tali ragioni. 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, anch’essa interpellata a pronunciarsi nuovamente sulla portata e i limiti del ne bis in idem, ha pronunciato tre sentenze, nelle cause C-524/15 Luca Menci, C-537/16 Garlsson Real Estate S.A./Consob, e nelle cause riunite C-596/16 Enzo Di Puma/Consob e C-597/16 Antonio Zecca /Consob. 

La causa C-524/15 Luca Menci trattava di un caso di omesso versamento dell’IVA sopra la soglia di rilevanza penale, rispetto al quale l’Amministrazione finanziaria provvedeva al recupero dell’IVA e all’irrogazione della sanzione amministrativa, mentre l’Autorità penale avviava un procedimento a carico del Sig. Menci.

La causa C-537/16, Gerlsson Real Estate verteva su un caso di manipolazione di mercato, nella quale lo stesso soggetto veniva raggiunto da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e da un provvedimento di applicazione di una sanzione amministrativa.

Nella causa C-596/16 e C-597/16 Enzo Di Puma e altri le condotte oggetto d’esame erano di c.d. insider trading, previste e punite in ambito penale, dall’art. 184 del T.U.F., e, in ambito amministrativo, dall’art. 187 bis T.U.F

Le sentenze in parola affermano i seguenti principi.

Il principio del ne bis in idem è principio fondamentale riconosciuto a livello sovra nazionale dall’art. 4 della CEDU e a livello comunitario dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e può essere assoggettato a limitazioni solo a precise condizioni.

La prima delle condizioni espresse dalla Corte di Giustizia U.E. è la riserva di legge sulle procedure, sulle condotte punite e sulle relative sanzioni di natura penale. 

Le fattispecie punite devono rispettare il requisito della tassatività, ossia devono garantire un elevato grado di precisione e non sono suscettibili di analogia, devono perseguire finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione Europea o “all’esigenza di proteggere diritti e libertà altrui.” e, inoltre, il cumulo tra procedimenti e sanzioni deve rispondere a esigenze di complementarietà tra le stesse.

Il cumulo di procedimenti e sanzioni deve rispettare il principio di proporzionalità, ovverosia idonee a raggiungere lo scopo perseguito dalla norma e non devono oltrepassare il limite della necessarietà e dell’appropriatezza delle misure sanzionatorie, quindi favorire la misura meno invasiva tra una pluralità di misure applicabili. Allo stesso modo deve essere garantito un certo grado di coordinamento tra le procedure e le sanzioni sempre nell’ambito di una risposta sanzionatoria proporzionata.

Infine, la Corte di Giustizia fa propri i principi elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ripresi anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 43/2018, e conferma il superamento del divieto di cumulo di procedure amministrative e penali quando il nesso temporale e materiale è sufficientemente stretto.

Venendo alla sentenza che più interessa la materia tributaria (C-524/15 Luca Menci), si evidenzia che la Corte di Giustizia ha ritenuto quanto segue:

  • La sanzione tributaria per l’omesso versamento IVA ha natura penale.
  • I fatti illeciti descritti dalla norma tributaria (art. 13 D.L.vo 471/97) e dalla norma penale (artt. 10 bis e 10 ter D.L.vo n.74/2000) sono i medesimi.
  • Il cumulo delle descritte procedure e sanzioni rientra perciò nel divieto di bis in idem sancito dall’art. 50 della Carta.
  • Tuttavia, il cumulo delle procedure sanzionatorie è giustificato dal perseguimento dello scopo di assicurare l’integrale riscossione dell’IVA.
  • Nonché, la normativa in esame rispetta tutte le condizioni richieste per il superamento del divieto di bis in idem.

Mi soffermo infine sui seguenti passaggi interessanti. 

La Corte evidenzia una differenza nelle fattispecie, le norme amministrative sono volte a reprimere qualsiasi inadempimento, doloso o colposo, e quelle penali invece sono volte a reprimere e dissuadere solo i comportamenti più gravi.

Le fattispecie in esame sono coordinate nella misura in cui viene garantita la sospensione delle sanzioni amministrative e il discarico delle sanzioni una volta intervenuta la condanna penale definitiva. I risvolti pratici per il soggetto che intendesse limitare gli effetti sanzionatori complessivi sono evidenti. 

Resta da attendere l’elaborazione giurisprudenziale necessaria al fine di concretizzare i principi espressi dalla Consulta e dalla Corte di Giustizia dell’U.E., e il coordinamento dei principii espressi nelle sentenze. 

 

(Articolo pubblicato su Filodiritto.it in data 06.06.2018 e su ilCaso.it in data 12.04.2018)